Dietro le quinte delle mie paure by Paola Perego

Dietro le quinte delle mie paure by Paola Perego

autore:Paola Perego
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2020-03-09T12:00:00+00:00


20

Aria

Patrizia scoprì di avere un brutto male, anzi un cancro, come giustamente lo chiamava lei, calcando la C affinché si sentisse bene quel gracchio cattivo. Patrizia capì da subito quanto era grave, e capì da subito che non avrebbe potuto sconfiggerlo.

Per me era impossibile pensare che Patty potesse un giorno non esserci più: lei era Mary Poppins, era la Fata Madrina di Giulia, era la mia spalla, il mio respiro quando il panico mi chiudeva la gola, le mie braccia quando l’ansia mi impediva di muovermi, il mio sorriso quando la vita si dimostrava troppo dura.

Era la donna più forte che avessi mai conosciuto. Andava da tutti esorcizzando il pietismo con l’ottimismo, si presentava dicendo: «Ciao, ho il cancro». E anche quando, dopo la chemio, stava malissimo, era lei a consolare gli altri. Cominciò a curarsi a L’Aquila, io col mio pancione non potevo macinare molti chilometri ma Patrizia aveva il supporto della sua meravigliosa sorella.

Nell’estate del 1996 ero a Monte San Biagio, era una di quelle estati che, ogni anno, definiscono “la più calda degli ultimi cinquant’anni”, passavo le mie giornate a mollo nel mare, con il pancione che galleggiava nell’acqua. Un pomeriggio tornai a Roma per un semplice controllo e i medici mi fermarono, dicendo che il giorno dopo avrei partorito: Riccardo era in posizione e io non avevo più liquido amniotico.

Ero pronta ad affrontare quel parto con la forza di mille leoni, mi sentivo certa che questa volta il Mostro non mi avrebbe presa alle spalle e la cosa che mi rasserenava era che finalmente, nel 1996, avrei potuto godere della più bella invenzione del dopoguerra: l’epidurale.

Quell’entusiasmo per la puntura anestetica mi si ritorse contro, infatti non appena fatta l’anestesia locale smisi di sentire il dolore ma persi anche il contatto con una metà di me, non sentivo più l’addome e nemmeno le gambe, era come se il mio corpo finisse a livello del seno.

In un secondo quella sensazione mi fece tornare il panico, l’aria smise di entrare nella mia bocca, cominciai a sentire la lingua che si gonfiava e, dopo molto tempo in cui ero riuscita a tenere a bada l’ansia, arrivò un potentissimo attacco di panico.

Gli unici a darmi la forza di non paralizzarmi ma di gridare durante un attacco sono stati i miei due figli. Così anche in questa occasione, mentre Riccardo lottava con me per venire al mondo, riuscii a urlare: «Non respiro!». Il Valium mi salvò anche stavolta e il 28 agosto 1996, in quella caldissima estate romana, conobbi il vero uomo della mia vita.

Riccardo pianse fortissimo e poi, appena approdato sul mio petto, fece un piccolissimo versetto, un mugugno come per dirmi: «Ce l’abbiamo fatta». Andrea prese in braccio il nostro bambino e improvvisamente diventò un bambino anche lui, erano entrambi rossissimi, si guardavano in maniera così dolce che sembravano capirsi. Poi Riccardo gli fece la pipì addosso, così, giusto per chiarire da subito chi era al comando.

Quando, qualche giorno dopo, mi dissero che potevo tornare a casa, Andrea non c’era, era già ripartito per Pescara.



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